Misteri d’Italia: MOSTRO DI FIRENZE – Quarto duplice omicidio – (19/06/1982)

MOSTRO DI FIRENZE

mostro di firenze fiat 147 quarto omicidio

Il punto esatto e la ricostruzione (lingua) – Clicca Sopra   

MOSTRO DI FIRENZE

Mostro di Firenze è la denominazione sintetica utilizzata dai media italiani per riferirsi all’autore o agli autori di una serie di otto duplici omicidi avvenuti fra il 1968 e il 1985 nella provincia di Firenze.

L’inchiesta avviata dalla Procura di Firenze ha portato alla condanna in via definitiva di due uomini identificati come autori materiali di 4 duplici omicidi, i cosiddetti compagni di merendeMario Vanni e Giancarlo Lotti mentre il terzo, Pietro Pacciani, condannato in primo grado a più ergastoli per 7 degli 8 duplici omicidi e successivamente assolto in appello, è morto prima di essere sottoposto ad un nuovo processo di appello, da celebrarsi a seguito dell’annullamento della sentenza di assoluzione da parte della Cassazione. Le Procure di Firenze e Perugia sono state recentemente impegnate in un’indagine volta a individuare i presunti mandanti. La vicenda ebbe molto risalto anche dal punto di vista sociale, suscitando estrema paura per la tipologia di vittime (giovani fidanzati in atteggiamenti intimi) ed aprendo l’opinione pubblica italiana al dibattito sull’opportunità di concedere con maggiore disinvoltura la possibilità per i figli di trovare l’intimità a casa, evitando i luoghi pericolosi.

19/06/ 1982 (sabato): L’omicidio di Paolo Mainardi e Antonella Migliorini, Baccaiano

La notte del 19 giugno 1982, a Baccaiano di Montespertoli il mostro di Firenze uccide Paolo Mainardi, meccanico di 22 anni, e Antonella Migliorini di 19, dipendente di una ditta di confezioni. I due giovani, soprannominati dagli amici “Vinavil” perché inseparabili, erano appartati a bordo di una piccola Fiat 147, in uno slargo presente sulla strada Virginio Nuova.

L’assassino sopraggiunge favorito dall’oscurità ed esplode alcuni colpi verso la coppia; Paolo viene solo ferito e riesce a mettere in moto l’auto ed inserire la retromarcia. Probabilmente a causa della concitazione del momento, tuttavia, Paolo non è in grado di controllare l’auto che attraversa trasversalmente la strada e resta poi bloccata nella proda sul lato opposto.

A questo punto l’assassino spara contro i fari anteriori dell’auto e colpisce a morte i due giovani. Secondo la versione tuttora condivisa dai più e ammessa al processo, l’assassino in seguito sfilerà le chiavi dal quadro d’accensione della vettura e le getterà lontano, presumibilmente in segno di spregio. Esiste in verità un’altra ipotesi che stando alla testimonianza del Sig. Allegranti (l’addetto del pronto soccorso della Misericordia che per primo estrasse il corpo dei ragazzi dall’auto) il ragazzo Paolo Mainardi si trovasse anch’egli, come la ragazza, posizionato nel sedile posteriore della Fiat 147. Da qui l’ipotesi che non fu il ragazzo a spostare l’auto ed a finire incastrato nel fossetto bensì l’aggressore, nel tentativo di allontanarsi quanto prima dal luogo dell’omicidio.

Questo delitto si differenzia dai precedenti per almeno due motivi; innanzitutto il luogo in cui avviene l’aggressione non è appartato; a pochi chilometri di distanza, nel paese di Cerbaia è in corso la festa del Santo patrono, ed il traffico di auto lungo la strada provinciale è ridotto ma costante. In secondo luogo l’omicida, per la prima volta, non esegue le escissioni dei feticci e non ha il tempo materiale per infierire sui cadaveri, probabilmente a causa dei rischi che questa operazione avrebbe comportato, considerato che la macchina era visibilmente disposta in modo innaturale sulla strada.

mostro firenze piazzola-lacitta1982

Il delitto sarà infatti scoperto pochissimo dopo da una vettura sopraggiunta nel frattempo. Antonella è morta, Paolo respira ancora e viene immediatamente trasportato al vicino ospedale di Empoli, dove muore il mattino seguente senza riprendere coscienza. Sul luogo del delitto verranno messi a reperto nove bossoli di calibro 22 Winchester sempre con la lettera “H” punzonata sul fondello.

In quest’occasione il giudice Silvia Della Monica, sperando di indurre il mostro a scoprirsi, convocò in Procura i cronisti che si occupavano del caso e chiese loro di scrivere sui giornali che Paolo Mainardi, prima di morire, aveva rivelato importanti informazioni utili alla ricostruzione dell’identità dell’omicida.

Sarà inoltre a seguito di questo delitto che il maresciallo Fiori, 15 anni prima in servizio a Signa, ricorderà del delitto avvenuto nell’estate del 1968, e permetterà la riapertura del fascicolo in cui verranno ritrovati i bossoli repertati quell’anno; sarà così possibile comparare i bossoli e stabilire che a sparare nel 1968 era stata la stessa arma utilizzata nel 1982.

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Mario Spezi nel suo libro “Dolci colline di sangue” dà una versione un po’ differente riguardo al collegamento dei delitti del mostro con quello del 1968 a Signa. In pratica Spezi dice che arrivò agli inquirenti una lettera anonima che conteneva un ritaglio di giornale relativo al delitto del’68 con un messaggio aggiunto a penna che recitava: “Perché non andate a rivedere il processo di Perugia contro Stefano Mele? (Il fascicolo processuale di S. Mele era effettivamente presso il tribunale di Perugia). Nel fascicolo si trovarono stranamente i famosi bossoli cal. 22 serie H in una busta spillata che permisero agli inquirenti di mettere in relazione i delitti del ’68 con i successivi del 1974 – 1981 – 1982.

Francesco Vinci e il Mostro di Firenze

Successivamente al delitto del giugno 1982, che aveva portato gli inquirenti a collegare alla serie di delitti maniacali anche quello avvenuto 14 anni prima a Signa, in maniera inequivocabile grazie ai bossoli sparati dalla medesima pistola, le indagini si rivolgeranno verso Francesco Vinci, pastore, pluripregiudicato, residente a Montelupo Fiorentino, già chiamato in causa anni prima da Stefano Mele nell’omicidio del 1968 per il quale lo stesso Mele stava in quegli anni scontando la pena a 13 anni. Vinci era stato a suo tempo amante fisso della Locci (come il fratello Salvatore) e aveva addirittura abbandonato la famiglia per vivere con la donna, rimediando per questo una denuncia (da parte della moglie) per abbandono del tetto coniugale econcubinato (reato allora ancora punibile in Italia, così come del resto l’adulterio).

Il Vinci viene pertanto posto in stato di fermo con l’imputazione di maltrattamenti al coniuge , in modo da poter approfondire alcuni aspetti e raccogliere ulteriori prove per indiziarlo dei delitti del Mostro di Firenze. Tuttavia Francesco Vinci si trovava ancora in carcere al momento in cui si compie un nuovo duplice omicidio, quello del 1983.

Scagionato da tale circostanza, e dalla successiva nuova testimonianza di Stefano Mele, Vinci resta in carcere per tre anni a causa di una condanna per furto di camion, ma viene completamente scagionato dalle accuse per gli omicidi.

Francesco Vinci fu trovato assassinato nell’agosto 1993 insieme ad un amico, tal Angelo Vargiu, in una pineta nei pressi di Chianni. I loro corpi, incaprettati, erano stati rinchiusi nel bagagliaio di una Volvo data alle fiamme. Si ipotizzò un collegamento con la vicenda del “mostro”, quasi subito scartato, ma più probabilmente, date anche le modalità del delitto, ad una vendetta nata in ambienti malavitosi sardi attorno ai quali pare che Vinci gravitasse. Il caso è rimasto sostanzialmente insoluto.

“Dati espunti dal dibattimento del processo di primo gradi a carico di Pietro Pacciani:”

– ATTENZIONE –

Il seguente materiale contiene descrizioni e immagini di particolare crudezza che possono urtare la sensibilita’ degli utenti piu’ impressionabili.

mostro di firenze fiat 147 caserma

L’auto viene trovata dai carabinieri sul ciglio della strada dalla parte destra considerando la direzione di marcia verso il paese di Baccaiano, con le ruote posteriori incastrate nel fossato laterale, il muso rivolto in direzione di Certaldo, e lo sportello destro spalancato. Lo sportello pero’ era stato divelto poco prima dai paramedici che lo avevano trovato chiuso con la sicura e che pertanto avevano dovuto forzarlo per estrarre il ragazzo ancora vivo. Anche lo sportello sinistro risulto’ bloccato a causa della deformazione della scocca dell’auto e venne conseguentemente forzato allo stesso modo.  Esternamente vengono repertati 8 bossoli calibro 22 L.R.tutti con la lettera H stampata sul fondello, distribuiti tra l’auto e una piazzola che si trova sul lato opposto della strada alla stessa altezza . Tre sulla strada vicino al fossato, davanti al muso dell’auto dalla parte del lato guida. Uno sul ciglio della strada ma vicinissimo al lato della piazzola. Un altro dentro la piazzola a 10 metri dalla ruota destra dell’auto. Altri tre a circa 11 metri dal medesimo faro dell’auto ma all’interno della piazzola dalla parte sinistra (rispetto all’osservatore frontale). Infine l’ultimo viene ritrovato nell’abitacolo sul tappetino posteriore destro, indicando che almeno un colpo e’ stato portato inserendo la mano all’interno. I fari sono stati infranti con due colpi di pistola mentre l’auto era gia’ nel dosso come dimostrano i frammenti di vetro davanti al paraurti. I proiettili non lasciano pero’ fori rimbalzando probabilmente sulle parabole interne riflettenti Anche le luci di posizione sono state rotte, ma non sparandoci contro. L’interruttore delle luci era in posizione accesa, cosi’ come quello della plafoniera interna. Sul parabrezza e’ presente un foro d’entrata (?)all’altezza del volto del guidatore, mentre il finestrino sinistro risulta completamente in frantumi ed alcuni frammenti di vetro vengono ritrovati nella piazzola vicino ai tre bossoli ivi repertati, indicando che l’auto era al momento dell’aggressione parcheggiata nello slargo con la coda rivolta verso la strada e il finestrino di guida all’altezza di un breve viottolo che dalla piazzola portava fino al retrostante campo di erba medica* All’interno non vengono trovati oggetti contundenti, come ad esempio sassi, che potessero indicare la rottura del finestrino pregressa agli spari.
La ragazza giace sul divanetto posteriore sul lato destro.

mostro di firenze migliorini

E’ seduta con la testa reclinata all’indietro e presenta due ferite alla fronte causate da altrettanti colpi di pistola .

1) Uno, all’emifronte destra, penetrante con direzione dall’avanti all’indietro e ritenuto in cavita’ .
2) L’altro, transfosso,del tutto perpendicolare alla direzione del primo e con direzione da sn a dx.

Presenta poi una ferita lacero contusa al naso, con frattura delle ossa nasali, che i periti non poterono ricondurre all’azione lesiva di un colpo d’armada fuoco (a meno di non immaginare un proiettile di rimbalzo estremamente deformato ). Non presenta invece ferite d’arma da taglio. Sulla caviglia destra vengono inoltre riscontrati segni ecchimotici recenti riconducibili probabilmente, ma non necessariamente, ai movimenti della giovane durante la prima fase dell’aggressione.

Si accertera’ che il Mainardi era invece stato attinto da 4 colpi di cal.22LR(*).

1) Uno alla spalla sinistra posteriormente. Direzione pressoche’ orizzontale rispetto all’assse maggiore del corpo e con ritenzione del proiettile dietro la scapola sinistra. Foro d’ingresso a margini regolari e perfettamente ovale (se ne potrebbe arguire che il proiettile abbia attinto il ragazzo senza essersi prima deformato contro un ostacolo quale ad esempio il finestrino chiuso)
2) Uno alla tempia sinistra che aveva centrato il meato uditivo rimbalzando poi contro le strutture solide della base del cranio fino a fermarsi nella mascella dopo aver lussato l’ottavo dente superiore sn.
3) Uno , con esito mortale, penetrato dietro l’orecchio sinistro con attraversamento del cranio in direzione trasversale da sn verso dx e leggermente in avantie, ritenuto nel tavolato osseo di destra
4) L’ultimo all’emimandibola sinistra, transfosso, con punto d’ingesso all’angolo della stessa, direzione dal basso verso l’alto e fuoriuscita in regione zigomatica sinistra a lato del naso.

Anche lui non presentava alcuna ferita d’arma da taglio, ma venivano rilevati segni ecchimotici alle braccia, al tronco ed all’addome, nonche’ ferite da scheggia in regione sottoclaveare e probabilmente anche in regione temporale sinistra. Non vennero rilevati segni di tatuaggio su nessuna delle ferite.

Tra i capelli del ragazzo viene ritrovato il fermo di una maglia dell’orologio della fidanzata, orologio che giace col cinturino rotto sul divanetto posteriore.

La ricostruzione ufficiale

I Carabinieri stesero un rapporto sulla dinamica in cui si affermava che i due ragazzi, terminato il rapporto, erano rimasti a parlare e a ricomporsi nell’auto quando l’assassino era sopraggiunto dal lato guida sparando attraverso il finestrino. Il ragazzo, che era gia’ sul sedile di guida, mentre lei era ancora sul divanetto posteriore, riusci’, nonostante una ferita alla spalla sinistra e alla mandibola, ad accendere l’auto, ingranare la retromarcia, e tentare la fuga. Sfortunatamente era pero’ finito nel fossato incagliando l’auto, permettendo cosi’ all’assassino di recuperare il bordo della strada e sparare due colpi da quel punto contro i fari. Poi si era avvicinato sparando un colpo al parabrezza che aveva stranamente centrato il Mainardi alla tempia. Si era infine spostato sulla destra infilando l’arma dentro l’auto dal finestrino infranto per colpire di nuovo Paolo alla testa, mentre Antonella era gia’ morta a causa del colpo sparato quando ancora erano nella piazzola. Poi aveva sfilato le chiavi dal quadro, ed era fuggito dopo averle gettate lontano.

A questo punto della ricostruzione la vittima maschile giaceva agonizzante sul sedile anteriore, cosi’ come era stato riferito dai ragazzi che per primi erano giunti sul posto. Il problema fu che le dichiarazioni dei paramedici intervenuti per estrarre le vittime dall’auto dicevano tutta un altra cosa. Tre infermieri su 4 avevano dichiarato, nell’immediatezza dei fatti, che il ragazzo giaceva sul divanetto posteriore e non su quello di guida. Queste dichiarazioni non furono pero’ prese in considerazione, forse per via del sangue sullo schienale di guida, forse perche’ si considerarono piu’ attendibili quattro ragazzi spaventati che i tre infermieri che avevano estratto materialmente il Mainardi dall’auto, visto che quelle testimonianze si adattavano meglio ad una ricostruzione piu’ semplice. Il fatto poi che la chiave fosse stata ritrovata lontano, fu interpretato come un gesto di stizza dell’assasssino che avrebbe perso il controllo dei nervi, benche’ avesse poco prima sparato ai fari dell’auto mostrando un sangue freddo decisamente fuori dalla norma. ( 3feb16 )

Funerali-mostro-firenze-1982-miglioriniTesto tratto e modificicato:http://calibro22.blogspot.com/2009/02/scena-del-crimine-omicidio-19-giugno.html

Testo tratto e modificato: http://it.wikipedia.org/wiki/Mostro_di_Firenze

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