Disastro di MARCINELLE – (08/08/1956)

MARCINELLE

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Un rarissimo video di quel maledetto 08 agosto 1956 – Clicca Sopra

Il disastro di Marcinelle fu una catastrofe avvenuta la mattina dell’8 agosto 1956 in una miniera di carbone, denominata Bois du Cazier, recentemente inserita tra i patrimoni dell’Unesco, situata a Marcinelle, nei pressi di Charleroi, in Belgio. L’incidente provocò 262 morti su un totale di 274 uomini presenti nella miniera. Per numero di morti nella storia dei minatori italiani emigrati, questa sciagura è la terza più cruenta disgrazia dopo quella di Monongah e il disastro di Dawson. Per di più questa sciagura avvenne pochissimo tempo dopo l’affondamento della nave Andrea Doria, l’Italia passò dunque da una sciagura all’altra.

Marcinelle – Corso degli eventi

Alle 7:56 Antonio I., addetto alle manovre del livello 975 m, caricato l’ultimo carrello pieno dà il via alla rimonta. Poi lascia il suo posto di lavoro e va alla ricerca di altri carrelli pieni, il suo aiutante Vaussort rimane sul posto.

Verso le 8:00, Mauroy, addetto alle manovre in superficie, telefona a Vaussort avendo bisogno dell’ascensore per il piano 765 m. Mauroy e Vaussort prendono un accordo previsto dai protocolli di lavoro, ma che in seguito risulterà fatale. L’accordo è il seguente: per due viaggi l’ascensore sarà “libero”, questo permette a Mauroy di fare partire l’ascensore senza il via libera del piano 975 m. Ma questa decisione implica che il piano 975, per 2 volte, non potrà più caricare l’ascensore che si presenta a loro. Dopo essersi accordato, a sua volta Vaussort parte alla ricerca di vagoncini pieni; secondo le registrazioni del “Rockel” sono le 8:01 min e 40 sec.

Alle 8:05 uno dei due ascensori (chiamamolo A) arriva al piano 765 m per essere caricato. L’altro (chiamamolo B) si ritrova nel pozzo verso 350 m .

Alle 8:07 l’ascensore A è carico e rimonta in superficie, mentre B riscende a 975 m. Durante questa movimentazione, Antonio I è ritornato al suo posto di lavoro. Qui vi sono due versioni divergenti. Secondo Antonio I., lui avrebbe chiesto al suo aiutante Vaussort se poteva caricare, ricevendone una risposta affermativa. Mentre secondo Mauroy, Vaussort era ancora assente e quindi non avrebbe potuto autorizzare Antonio I. a caricare, e neppure avvertirlo che quell’ascensore gli era vietato. Nessuna delle due versioni è totalmente soddisfacente, Vaussort morirà nella sciagura e non potrà quindi testimoniare e confermare una delle due versioni o fornirne una sua terza.

Alle 8:10, l’ascensore A arriva in superficie mentre la B arriva al livello 975. Incurante (o ignorante) del fatto che quell’ascensore gli fosse vietato, Antonio I. comincia a caricare i vagoncini pieni, arrivati dai cantieri durante la sua assenza. Ma la manovra non riesce, il sistema che blocca il carrello durante la rimonta dell’ascensore s’inceppa. Questo sistema avrebbe dovuto ritirarsi un breve istante per lasciare uscire totalmente il vagoncino vuoto. Ma le cose non vanno così e i due vagoncini si ritrovano bloccati e sporgenti dal compartimento dell’ascensore. Il vagoncino vuoto sporge di 35 cm, mentre il pieno sporge di 80 cm. Per Antonio I. la situazione è fastidiosa ma non pericolosa, lui è sicuro che l’ascensore non partirà senza il suo segnale di partenza. In superficie Mauroy ignora totalmente la situazione verificatasi al piano 975 m. Mauroy è nel protocollo di lavoro « ascensore libero » e farà partire l’ascensore appena avrà finito di scaricare i vagoncini rimontati dal piano 765 m.

DISASTRO MARCINELLE

Alle 8:11 Mauroy ha finito di scaricare l’ascensore A e dà il via alla partenza, il che immancabilmente provoca anche la partenza dell’ascensore B. Al piano 975 m Antonio I. vede l’ascensore B rimontare bruscamente. Risalendo, l’ascensore, con i due vagoncini sporgenti, sbatte in una putrella del sistema di invio. A sua volta, questa putrella, trancia una condotta d’olio a 6 kg/cm² di pressione, i fili telefonici e due cavi in tensione (525 Volt), oltre alle condotte dell’aria compressa che servivano per gli strumenti di lavoro usati in fondo alla miniera: tutti questi eventi insieme provocarono un imponente incendio. Essendo questo avvenuto nel pozzo di entrata dell’aria, il suo fumoraggiunse ben presto ogni angolo della miniera causando la morte dei minatori. In quanto al fuoco, la sua presenza si limitò ai due pozzi e dintorni, ma il suo ruolo fu determinante perché tagliò ogni via d’accesso nelle prime ore cruciali, fra le 9h e le 12h. L’incendio non scese sotto il piano 975 m mentre divampò nei pozzi fino al piano 715 m. A questo piano Bohen, prima di morire, annotò nel suo taccuino “je reviens de l’enfer” (ritorno dall’inferno). L’allarme venne dato alle 8:25 da Antonio I., il primo risalito in superficie tramite il secondo pozzo, anche se già alle 8:10, in superficie, si era capito che qualcosa di gravissimo era accaduto perché il motore dell’ascensore (1250 CV) si era fermato e il telefono non funzionava più (il responsabile Gilson era corso ad avvertire l’ingegnere Calicis che probabilmente erano di fronte a un “cassage de fosse” cioè a una “rottura nel pozzo”, un deragliamento). Calicis ordinò al suo aiutante Votquenne di scendere nelle miniera per informarsi.

Verso 8:30 6 minatori superstiti arrivano in superficie mentre Stroom scende nella miniera.

Verso 8:30 Votquenne è pronto a scendere ma il freno d’emergenza è bloccato per mancanza di pressione d’aria. Votquenne ordina la chiusura della condotta d’aria che scende nel pozzo, ci vorranno più di 10 minuti per ristabilire una pressione sufficiente. Votquenne e Matton scendono senza equipaggiamento, arrivano sotto 835 m ma devono rinunciare a causa del fumo.

Alle 8:35 Calicis telefona alla centrale di soccorso chiedendo di tenersi pronti e precisa che richiamerà in caso di bisogno.

Alle 8:48 Calicis chiede l’intervento della centrale di soccorso distante 1,5 km dalla miniera. I soccorritori impiegheranno 10 minuti per arrivare.

Alle 8:58 La prima squadra di soccorritori arriva sul posto. Votquenne e uno dei soccorritori equipaggiati con i respiratori Dräger fanno un secondo tentativo. Arrivano a 1035 m ma non riescono ad uscire dall’ascensore, in quanto i suoi occupanti erano montati nel terzo compartimento dell’ascensore fermo a 3,5 m più in alto del livello di uscita.

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Odono dei lamenti ma l’addetto alle manovre non risponde più alle loro chiamate, probabilmente già incosciente. In superficie, Gilson decide di far rimontare l’ascensore. Rimontando, a livello 975, Votquenne vede già le fiamme che hanno raggiunto l’ultima porta di sbarramento.

Verso 9:10 il pozzo di estrazione dell’aria era a sua volta inutilizzabile, raggiunto dall’incendio. I cavi delle gabbie di questo pozzo cedettero a poco a poco.

Verso 9:30 due persone tentarono, senza equipaggiamento, di farsi strada attraverso un tunnel laterale comunicante col pozzo in costruzione. Il tentativo risultò vano. Il passo d’uomo venne allargato solo quattro ore e mezza più tardi e ciò permise di scoprire numerosi cadaveri. D’altro lato fu anche verso le 9:30 che si decide di fermare la ventilazione.

Alle 10:00 Calicis decide di separare i due cavi del pozzo N°I. Questo permetterà di servirsi dell’ascensore rimasto bloccato in superficie. Questo lavoro lungo e delicato sarà finito poco prima mezzogiorno

Alle 12:00. 3 uomini, Calicis, Galvan e un soccorritore scendono fino a 170 m ma un tappo di vapore impedisce loro di continuare.

Alle 13:15 Gonet, il caposquadra del piano 1035 lascia un messaggio su una trave di legno. “On recule pour la fumée vers 4 paumes.On est environ à 50. Il est 1h 1/4. Gonet” (“Indietreggiamo per il fumo verso 4 palmi. Siamo circa 50. È l’una e un quarto. Gonet”). Questo messaggio sarà ritrovato dai soccorritori il 23 agosto.

Disastro di Marcinelle – i Funerali delle vittime

Verso 14:00 Si decide di rimettere la ventilazione in marcia.

Verso 15:00 Una spedizione scende attraverso il primo pozzo e scopre tre sopravvissuti. Gli ultimi tre furono scoperti più tardi, da un’altra spedizione.

Il 22 agosto, alle 3 di notte, dopo la risalita, uno di coloro che da due settimane tentavano il salvataggio dichiarò in italiano “tutti cadaveri”. Persero la vita 262 uomini, di cui 136 italiani e 95 belgi. Solo 13 minatori sopravvissero.

Dopo il tragico evento é stato eretto, in una delle piazzette di Marcinelle, un monumento alle vittime ed un altro monumento sorge nel cimitero comunale di Marcinelle, dove si trovano sepolte le salme non identificate e quelle rimaste in Belgio.
Dopo l’accaduto fu aperto un processo per accertare le responsabilità, ma i dirigenti della società mineraria non furono considerati responsabili. La responsabilità fu invece attribuita all’addetto alla manovra del carrello, un italiano anch’egli deceduto nell’incendio.
I lavori nella miniera di Marcinelle ripresero nell’aprile del 1957 e continuarono ancora per altri 10 anni, fino al 9 dicembre del 1967 quando venne definitivamente chiusa.
L’ultima miniera nella Vallonia, quella di Roton, continuo’ a lavorare fino al 30 settembre 1984 grazie anche ad una forte presenza di manodopera italiana.

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