STRAGE OLIMPIADI MONACO – (5-6/9/1972)

                 STRAGE OLIMPIADI MONACO 1972

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Il Massacro di Monaco avvenne durante le Olimpiadi estive del 1972, a Monaco di Baviera (Germania); un commando di guerriglieri dell’organizzazione palestinese Settembre Nero fece irruzione negli alloggi israeliani del villaggio olimpico, uccidendo subito due atleti che avevano tentato di opporre resistenza e prendendo in ostaggio altri nove membri della squadra olimpica di Israele. Alla fine un tentativo di liberazione compiuto dalla polizia tedesca portò alla morte di tutti gli atleti sequestrati, di cinque fedayyin e di un poliziotto tedesco.

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Strage Olimpiadi Monaco – L’antefatto

Il 15 luglio 1972, due alti esponenti del Fath (Muhammad Dawud Awda, conosciuto come Abu Dawud e Salah Khalaf, conosciuto come Abu Iyad) si incontrarono al tavolo di un bar di Piazza della Rotonda a Roma con Abu Muhammad, un dirigente dell’organizzazione conosciuta come “Settembre Nero”. Si discusse dell’azione compiuta dalla stessa organizzazione il giorno 8 maggio di quello stesso anno: il dirottamento di un aereo appartenente alla compagnia aerea belga Sabena in volo da Vienna a Tel Aviv, conclusosi con l’uccisione o la cattura dei dirottatori e la liberazione di tutti gli ostaggi. Il morale era alquanto basso e per dare nuovo slancio alla causa palestinese ci sarebbe stato bisogno di un’azione eclatante coronata da successo.

Il pretesto per un’azione spettacolare fu fornito dalla lettura della notizia, riportata da un giornale arabo, secondo cui il Comitato Olimpico Internazionale non aveva nemmeno degnato di risposta la richiesta avanzata dalla Federazione Giovanile della Palestina di poter partecipare con una propria delegazione ai giochi olimpici estivi di Monaco. Il commento di Abu Mohammed fu: “Se non ci permettono di partecipare ai Giochi olimpici, perché non proviamo a prendervi parte a modo nostro?”. L’idea divenne subito un’operazione a cui fu dato il nome di “Biraam” e “Ikrit”, due villaggi palestinesi evacuati dagli israeliani nel 1948.

La preparazione del piano

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Abu Iyad apparentemente si occupò di reclutare gli uomini che avrebbero dovuto compiere l’operazione. I membri del commando erano:

  1. Luttif Afif, capo del gruppo e negoziatore. Conosciuto col soprannome di “‘Isa” e reso famoso dalle immagini in TV che lo ritraevano col volto ricoperto di lucido per scarpe, occhiali da sole e un vistoso cappellino bianco. Nato a Nazaret da madre ebrea e da padre palestinese di religione cristiana. Laureato a Berlino, aveva lavorato come ingegnere alla costruzione del villaggio olimpico di Monaco
  2. Yusuf Nazzal, conosciuto come “Tony”, identificabile nelle foto e nelle riprese per il suo cappello da cowboy. Aveva lavorato come cuoco al villaggio durante la costruzione del medesimo
  3. Afif Ahmad Hamid, conosciuto come “Paolo”
  4. Khalid Jawad, conosciuto come “Salah”
  5. Ahmad Shiq Taha, conosciuto come “Abu Halla”
  6. Mohammed Safadi, conosciuto come “Badran”
  7. Adnan al-Gashei, conosciuto come “Denawi”
  8. Jamal al-Gashei, cugino del precedente , conosciuto come “Samir”

A parte ‘Isa e Tony, i membri del commando furono reclutati per lo più nel campo profughi di Shatila e inviati in Libia per un periodo di addestramento consistente per lo più nel combattimento corpo a corpo e nel superamento di ostacoli. Nessuno di loro era al corrente della missione che avrebbero portato a termine.

Non è chiaro il ruolo di Yasser Arafat in questa vicenda. Abu Dawud sostiene che Arafat fosse stato informato del piano e che, benché egli non abbia preso parte alla pianificazione, fornì il suo assenso. Lo stesso Abu Dawud menziona il ruolo di Abu Mazen che si preoccupò di reperire i fondi per l’operazione, nonostante non fosse al corrente dello scopo cui sarebbero serviti.

Il 17 luglio, Abu Dawud si recò a Monaco per effettuare una prima ricognizione del villaggio olimpico che ancora doveva essere terminato. Il 7 agosto tornò sul luogo, accompagnato da Tony. In quell’occasione fu deciso che l’ingresso del commando di terroristi sarebbe avvenuto scavalcando la recinzione. I guerriglieri sarebbero saliti l’uno sulle spalle dell’altro e all’osservazione di Tony sul fatto che l’ultimo uomo non avrebbe potuto scavalcare, Abu Dawud rispose che avrebbe provveduto lui stesso a spingerlo dentro.

Il gruppo arrivò in un albergo di Francoforte utilizzando due taxi e lì riunirono il contenuto delle cinque valigie (sei fucili d’assalto Kalashnikov, due pistole mitragliatrici e vari caricatori) in due borse che furono trasportate in treno a Monaco da Abu Dawud e poste al sicuro in due armadietti della stazione ferroviaria. Nei giorni seguenti, Abu Dawud ricevette altri due fucili mitragliatori Kalashnikov e alcune bombe a mano e si preoccupò di spostare continuamente le borse da un armadietto all’altro. Inoltre, visitò nuovamente il villaggio olimpico accompagnato da una donna siriana la cui sorella era sposata con un docente di Monaco.

L’irruzione nel villaggio

monaco-1972

Quella stessa sera, una buona parte della delegazione israeliana si era recata in città per assistere alla commedia musicale “Il Violinista sul Tetto” di Joseph Stein con il famoso attore Shmuel Rodensky come protagonista. Alcune foto ritraggono gli atleti sorridenti dietro le quinte con gli attori durante l’intervallo.  All’interno delle palazzine che ospitavano la delegazione di Israele erano alloggiati, tra gli altri:

  1. David Berger, 28 anni, pesista, nato negli Stati Uniti d’America e recentemente emigrato in Israele
  2. Ze’ev Friedman, 28 anni, pesista, nato in Polonia e sopravvissuto alle persecuzioni razziali
  3. Yossef Gutfreund, 40 anni, arbitro di lotta greco-romana, padre di due figlie
  4. Eliezer Halfin, 24 anni, lottatore, nato in Unione Sovietica, cittadino israeliano da pochi mesi
  5. Yossef Romano, 31 anni, pesista, nato in Libia, padre di tre figli e veterano della Guerra dei Sei Giorni
  6. Amitzur Shapira, 40 anni, allenatore di atletica leggera, nato in Israele, padre di quattro figli
  7. Kehat Shorr, 53 anni, allenatore di tiro a segno, nato in Romania, aveva perso la moglie e una figlia durante le persecuzioni razziali
  8. Mark Slavin, 18 anni, lottatore, nato in Unione Sovietica ed emigrato in Israele nel maggio 1972
  9. André Spitzer, 27 anni, allenatore di scherma, nato in Romania e padre di una bimba di pochi mesi
  10. Yakov Springer, 51 anni, giudice di sollevamento pesi, nato in Polonia e unico sopravvissuto del suo nucleo familiare alle persecuzioni razziali
  11. Moshe Weinberg, 33 anni, allenatore di lotta greco-romana, nato in Israele

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Alle 4:30 del 5 settembre 1972, il commando tentò di aprire la porta dell’appartamento situato al piano terra. Yossef Gutfreund venne svegliato dal rumore e non appena vide spuntare le canne dei fucili dalla porta appena aperta, vi si gettò a peso morto urlando: “Al riparo, ragazzi!”. Con i suoi 132 chili di peso, Gutfreund riuscì a far guadagnare secondi preziosi, permettendo al suo compagno di stanza, l’allenatore di sollevamento pesi Tuvia Sokolovski di sfondare una finestra e di fuggire attraversando il giardino posto sul retro dell’edificio. I terroristi, facendo leva con le canne dei fucili, riuscirono ad entrare e a gettare Gutfreund a terra. Velocemente, il gruppo entrò in una stanza e prese prigionieri Amitzur Shapira e Kehat Shorr. In un’altra stanza adiacente, Moshe Weinberg afferrò un coltello da frutta posto sul comodino e si avventò su Issa, che entrava in quel momento e che schivò il colpo. Un altro membro del commando terrorista, vedendo la scena, aprì il fuoco e ferì Weinberg con un colpo, trapassandogli la guancia da parte a parte. Il commando si mosse velocemente e in un’altra ala dello stesso appartamento catturò Yakov Springer e André Spitzer. A questo punto, il gruppo si divise: due fedayyin rimasero a guardia dei prigionieri, mentre Tony e altri cinque terroristi si recarono nell’appartamento adiacente assieme a Weinberg (che tamponava la ferita con un fazzoletto) attraversando un breve tratto di Connollystrasse. I terroristi superarono la palazzina che ospitava gli atleti che gareggiavano nelle discipline di scherma e atletica leggera. Gli occupanti dell’appartamento erano stati svegliati dal colpo esploso ed erano accorsi a vedere cosa stesse succedendo. In questo modo, il commando riuscì a prendere prigionieri David Berger, Yossef Romano, Mark Slavin, Ze’ev Friedman, Eliezer Halfin e un altro pesista: Gad Tsobari. Mentre questo gruppo veniva spostato per raggiungere gli altri prigionieri, David Berger si rivolse ai suoi colleghi in ebraico dicendo: “Non abbiamo nulla da perdere, cerchiamo di sopraffarli”. Uno dei terroristi che comprendeva l’ebraico spianò il proprio fucile contro gli ostaggi per prevenire reazioni. Gad Tsobari decise di rischiare il tutto per tutto e imboccò la porta che comunicava col garage sotterraneo fuggendo a zig zag e riparandosi dietro i piloni di sostegno. Un membro del commando sparò diversi colpi in direzione di Tsobari, mancandolo di poco. Nella confusione di questo momento, Weinberg, benché ferito, con un pugno atterrò Badran, facendogli saltare diversi denti e fratturandogli la mascella. Afferrò il suo fucile, ma nella colluttazione che seguì, fu raggiunto da un colpo di arma da fuoco in pieno petto e fu ucciso. Tsobari riuscì comunque a fuggire.

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Il commando si riunì nuovamente e sembra che a questo punto Yossef Romano (che camminava con l’ausilio di stampelle, essendosi infortunato ad un legamento del ginocchio durante la sua gara) abbia provato a togliere di mano un fucile a un terrorista. Forse fu ucciso all’istante da una raffica di mitra, anche se rimane il sospetto (non confermato) che sia stato solo ferito e poi successivamente torturato a morte, addirittura evirato. Il giorno seguente, Romano sarebbe dovuto tornare in Israele per sottoporsi ad un esame e ad un’operazione al ginocchio. Il suo corpo fu posto di fronte agli ostaggi israeliani legati, come monito a non tentare sortite.

L’allarme

Gad Tsobari riuscì a raggiungere una troupe televisiva americana della ABC e dal momento che non parlava bene l’inglese, provò a farsi capire. I membri della troupe vedendolo trafelato, vestito solo con un paio di pantaloni e con un accento strano, scoppiarono a ridere, pensando si trattasse di uno scherzo. Alle ore 4:47 una donna delle pulizie, che si stava recando al lavoro, telefonò all’Ufficio Olimpico per la Sicurezza dicendo di aver udito colpi di arma da fuoco. Un Oly fu inviato sul posto e vedendo un terrorista incappucciato e armato di Kalashnikov chiese cosa stesse succedendo. Il terrorista non rispose, ma il corpo di Moshe Weinberg fu gettato in strada come segno inequivocabile delle intenzioni dei terroristi. Alle 5:08 due fogli di carta furono gettati dal balcone del primo piano e raccolti da un poliziotto tedesco: si richiedeva la liberazione di 234 detenuti nelle carceri israeliane e dei terroristi tedeschi Andreas Baader e Ulrike Meinhof, detenuti in Germania. L’ordine avrebbe dovuto essere eseguito entro le 9:00 del mattino. In caso contrario, Issa (che aveva assunto il ruolo di negoziatore) minacciò che sarebbe stato ucciso un ostaggio per ogni ora di ritardo e che i cadaveri sarebbero stati gettati per strada.

Il trasferimento

Si decise allora di esperire gli ultimi tentativi per salvare gli ostaggi: i terroristi e gli ostaggi avrebbero raggiunto un piazzale del villaggio olimpico e da lì sarebbero saliti su due elicotteri per dirigersi all’aeroporto. Lì avrebbero trovato un Boeing 727 della Lufthansa che li avrebbe portati al Cairo. I terroristi avrebbero voluto dirigersi all’aeroporto internazionale di Riem, ma i negoziatori riuscirono a convincerli del fatto che l’aeroporto di Fürstenfeldbruck avrebbe rappresentato una scelta migliore. Le intenzioni dell’unità di crisi consistevano nel tentare di uccidere i terroristi mentre percorrevano a piedi il tragitto verso gli elicotteri oppure, di compiere un’azione all’interno dell’aeroporto. La prima ipotesi fu abbandonata quando Issa, sospettando un agguato, richiese che il trasferimento verso il piazzale avvenisse con un minibus. Alle 22:10 il gruppo lasciò l’edificio e subito dopo salì su due elicotteri Bell UH-1 Iroquois. Nel primo presero posto Shapira, Spitzer, Slavin, Shorr e Gutfreund, insieme a Issa e ad altri tre terroristi. Nel secondo entrarono Berger, Friedman, Halfin e Springer, accompagnati da altri quattro terroristi. Fu in questo frangente che le autorità tedesche si accorsero che il commando era formato da otto persone e non cinque, come avevano creduto sino a quel momento.

L’azione

Il volo dal villaggio olimpico sino all’aeroporto di Fürstenfeldbruck durò all’incirca una ventina di minuti. All’interno della torre di controllo dell’aeroporto si trovavano il comandante del Mossad, Zvi Zamir e un suo assistente, Victor Cohen, in qualità di osservatori. Pochi minuti prima che gli elicotteri con gli ostaggi atterrassero, la squadra di Polizia posizionata all’interno dell’aereo valutò la possibilità di annullare l’azione. Alcuni agenti fecero notare che uno scontro a fuoco all’interno di un aereo pieno di carburante e privo di vie d’uscita avrebbe rappresentato la morte sicura. In più, le false uniformi della Lufthansa erano incomplete e male assemblate. Il comandante della squadra decise di sottoporre a votazione la permanenza all’interno del velivolo e tutti i membri della squadra votarono per l’annullamento della missione. Gli agenti uscirono dall’aereo mentre gli elicotteri con gli ostaggi volteggiavano attorno all’aeroporto per dar modo ad un terzo elicottero che trasportava Genscher, Merk e Schreiber di precederli. Non appena Schreiber incontrò Wolf, si verificò tra i due il seguente scambio di battute:

Schreiber: “Che disgrazia che questa cosa si sia saputa solo all’ultimo momento”

Wolf: “A cosa ti riferisci?”

Schreiber: “Al fatto che siano in otto”

Wolf: “Cosa? Vuoi dire che ci sono otto arabi?”

Schreiber: “Cosa? Vuoi dire che lo stai scoprendo solo ora?”

A questo punto, le speranze erano poste tutte nei cinque agenti di Polizia posizionati ai bordi della pista. Essi erano equipaggiati con normali fucili Heckler & Koch G3, ma nessuno di loro disponeva di attrezzature essenziali come elmetti, giubbotti antiproiettile, visori notturni e ricetrasmittenti. Inoltre, uno degli agenti era posizionato nella linea di tiro degli altri, nessuno sapeva dove fossero posizionati i colleghi e nessuno di loro aveva ricevuto un addestramento specifico come tiratore di precisione. A quell’epoca la Germania non disponeva infatti di squadre speciali antiterrorismo e l’unico motivo per cui gli agenti erano stati selezionati consisteva nel fatto che si dilettassero nella disciplina del tiro a segno.

Verso le 22:35 gli elicotteri con gli ostaggi atterrarono all’aeroporto. Immediatamente scesero i quattro piloti e sei terroristi. ‘Isa e Tony, già insospettiti dal ritardo nel trasferimento, si recarono immediatamente a ispezionare l’aereo mentre i quattro piloti venivano tenuti sotto tiro, con le mani sulla testa. Non appena si accorsero che l’aereo era vuoto, compresero che si trattava di una trappola e tornarono di corsa agli elicotteri. Fu a quel punto che Wolf dette ordine di aprire il fuoco. Erano all’incirca le 23:00. Le luci che erano state posizionate per illuminare a giorno l’area si accesero e gli agenti cominciarono a sparare. Il poliziotto che era posizionato accanto a Wolf mancò il primo colpo, ma riuscì a ferire Tony alla gamba al secondo tentativo. I piloti degli elicotteri si dettero alla fuga mentre Issa correva a zig zag verso gli ostaggi schivando i colpi. Immediatamente furono colpiti a morte Paolo e Abu Halla. I terroristi superstiti presero di mira i fari, posizionandosi dietro e sotto gli elicotteri. In questa circostanza, un colpo mortale raggiunse l’agente Anton Fliegerbauer. Seguì un fitto scambio di colpi per circa un’ora. Gli ostaggi, che nel frattempo erano rimasti legati all’interno degli elicotteri, provarono a liberarsi mordendo le corde. L’elicottero che trasportava la squadra dei rinforzi atterrò, per cause ignote, sull’altro lato della pista, a più di un chilometro di distanza dal luogo della sparatoria e gli agenti non entrarono mai in azione. Nel frattempo, tutta l’area adiacente all’aeroporto e le vie d’accesso erano state occupate da giornalisti e curiosi. Questa circostanza aveva fatto sì che i veicoli corazzati che dovevano servire da rinforzo rimanessero coinvolti nel traffico. Inoltre, uno dei veicoli a causa di un errore si diresse verso l’aeroporto internazionale di Riem, situato dall’altra parte della città. Quando il conducente apprese che il teatro dell’azione era a Fürstenfeldbruck, inchiodò con i freni, causando un massiccio tamponamento a catena. Zamir e Cohen, in un ultimo disperato tentativo, presero un megafono e provarono a intimare ai terroristi di arrendersi. I terroristi risposero sparando contro di loro una raffica di mitra. Ormai era troppo tardi per negoziare. I veicoli corazzati giunsero all’aeroporto poco prima della mezzanotte del 6 settembre e si decise di farli subito entrare in azione. Vistisi perduti, i terroristi decisero di uccidere gli ostaggi. Alle 00:04 uno dei terroristi, probabilmente Issa, svuotò un intero caricatore all’interno di un elicottero uccidendo Ze’ev Friedman, Eliezer Halfin, Yakov Springer e ferendo ad una gamba David Berger. Subito dopo, lo stesso terrorista lanciò una bomba a mano nel velivolo che fu avvolto dalle fiamme. Issa si allontanò dall’elicottero assieme a Salah, sparando all’impazzata in direzione degli agenti ed entrambi furono uccisi. Il poliziotto che si trovava nella linea di tiro dei colleghi riuscì a sparare in tutta l’azione un solo colpo con il quale uccise Salah. Ma i suoi colleghi, avendolo scambiato per un terrorista, spararono contro di lui ferendolo. Anche un pilota, Ganner Ebel, rimase ferito dai colpi sparati dagli agenti. La dinamica relativa agli ostaggi dell’altro elicottero non è accertata, ma a quanto pare il terrorista conosciuto come Denawi, subito dopo l’esplosione, sparò all’interno del velivolo uccidendo Yossef Gutfreund, Amitzur Shapira, Kehat Shorr, Mark Slavin e André Spitzer.

Rimanevano quattro terroristi: Samir e Badran si finsero morti e furono catturati dalla Polizia. Samir era ferito al polso destro, mentre Badran era stato raggiunto alla gamba. Denawi fu catturato completamente illeso. Tony fu localizzato da una pattuglia con l’ausilio di cani poliziotto mentre si nascondeva nei pressi di un vagone ferroviario situato lì vicino. La Polizia provò a farlo uscire utilizzando gas lacrimogeni, ma fu ucciso dopo un breve conflitto a fuoco. Alle ore 1:30 del 6 settembre 1972 era tutto finito.

Reazioni alla strage olimpiadi monaco 1972

Ci hanno comunicato in questo momento che gli ostaggi erano undici. Due di loro sono stati uccisi nelle loro stanze ieri mattina, gli altri nove sono stati uccisi questa notte all’aeroporto. Sono tutti morti”.

Le Olimpiadi non si fermarono e fu solo organizzata una cerimonia di commemorazione nello Stadio Olimpico alla presenza di 80.000 persone e 3.000 atleti. Durante la cerimonia, Carmel Eliash, una cugina di Moshe Weinberg, morì a seguito di un attacco cardiaco. Il Comitato Olimpico Internazionale propose di mettere le bandiere delle Nazioni partecipanti a mezz’asta.

Il 9 settembre l’aviazione israeliana effettuò una serie di raid aerei sui campi profughi palestinesi in Libano e Siria.

I corpi dei terroristi uccisi furono trasportati in Libia dove ricevettero gli onori militari. I tre terroristi superstiti furono curati e incarcerati in Germania. Tuttavia il 29 ottobre, un altro commando dirottò verso Zagabria un volo della Lufthansa partito da Beirut e diretto ad Ankara, domandando il rilascio dei responsabili della strage. Il governo tedesco acconsentì allo scambio e i tre terroristi furono accompagnati in Libia dove furono accolti con grandi onori e indissero una conferenza stampa trasmessa dalle televisioni di tutto il mondo. Successivamente si apprese, in via ufficiosa, che il dirottamento era stato organizzato dallo stesso Governo tedesco allo scopo di liberarsi dei tre superstiti e probabilmente per tenere la Germania al riparo da eventuali azioni di ritorsioni terroristiche.

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In seguito a questi avvenimenti, la Germania intraprese la costituzione di un nucleo di Forze Speciali di Polizia per interventi antiterrorismo, sotto la guida del Colonnello Ulrich Wegener (già protagonista ai fatti di Monaco). Tale gruppo prese il nome di Grenzschutzgruppe 9, o GSG 9.

Pochi mesi dopo, il Governo di Israele varò una serie di operazioni condotte da gruppi militari e paramilitari, volte all’eliminazione fisica di alcuni alti esponenti palestinesi sospettati di essere coinvolti a vario titolo nel massacro di Monaco (operazione “Ira di Dio“, sfociata nel cosiddetto “Affare Lillehammer”, e operazione “Sorgente di Gioventù”).

Abu Iyad fu ucciso a Tunisi nel 1991 da un commando facente parte del gruppo di Abu Nidal.

Abu Dawud (Mohammed Daoud Oudeh) riuscì a sfuggire nel 1981 ad un attentato a Varsavia nel quale rimase ferito da sei colpi di pistola sparati a breve distanza. Nel 1993, a seguito degli accordi di pace di Oslo, ricevette un salvacondotto dalle Autorità israeliane per partecipare all’assemblea dell’OLP. Nel 2002 scrisse un’autobiografia, Memoirs of a Palestinian Terrorist (New York 2002), nella quale racconta i dettagli del suo coinvolgimento nei fatti di Monaco. Abu Dawud è morto a Damasco il 3 luglio 2010.

Denawi è probabilmente morto. Alcune fonti sostengono che sia stato ucciso da agenti del Mossad, altre invece ritengono sia stato colpito da un attacco cardiaco.

Sulla sorte di Badran regna l’incertezza. C’è chi ritiene che anche lui sia stato ucciso da agenti del Mossad. Tuttavia, nel 2005 un alto esponente dell’OLP, Tawfik Tirawi rivelò ad un giornalista l’esistenza in vita del terrorista.

Samir comparve a volto oscurato nel film documentario “Un Giorno a Settembre”. Si ritiene che viva in qualche Nazione del Nord Africa e che sia sfuggito a diversi attentati, probabilmente pianificati dal Mossad. ( 2gen16 )

Testo tratto e modificato: http://it.wikipedia.org/wiki/Massacro_di_Monaco

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