STRAGE DELLA QUESTURA DI MILANO – (17/05/1973)

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Strage Questura di Milano

La Strage della questura di Milano fu un attentato terroristico avvenuto il 17 maggio 1973, ad opera di Gianfranco Bertoli, in conseguenza del quale cinquantadue persone rimasero ferite e quattro persero la vita.

I Fatti

Alle 11 del mattino di quel giorno, in Via Fatebenefratelli, davanti alla Questura di Milano, mentre si svolgeva la cerimonia in memoria del commissario Luigi Calabresi ucciso un anno prima, dopo che il Ministro dell’Interno Mariano Rumor aveva scoperto il busto dedicato al funzionario ed era andato via in auto, un grosso ordigno esplode in mezzo alla folla di persone ancora riunite per la celebrazione.

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L’effetto della deflagrazione è devastante: 52 persone rimangono ferite e quattro muoiono. Solo dopo si scoprirà che lo scoppio era stato causato da una bomba a mano.

L’attentatore venne immediatamente immobilizzato ed arrestato; si trattava di Gianfranco Bertoli. Bertoli si definì un anarchico “stirneriano“.

Dichiarò più volte che il vero scopo del suo attentato era l’eliminazione del Ministro Rumor, la quale uccisione avrebbe vendicato gli anarchici perseguitati.

Il Processo: l'”anarchico isolato”

Secondo le indagini del PM Guido Salvini, confermate dalle testimonianze di Vincenzo Vinciguerra, l’obiettivo sarebbe stato proprio Mariano Rumor, colpevole di non aver proclamato lo stato d’assedio quando era presidente del consiglio il 12 dicembre 1969 in occasione della Strage di piazza Fontana. L’affermazione di Bertoli lasciò però un dubbio: l’ordigno era stato lanciato tra la folla e non quando il ministro era ancora presente alla commemorazione.

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Il massacro non venne considerato subito di origine anarchica, ma aleggiavano forti sospetti sull’intervento di rami deviati dei servizi segreti e contatti con gruppuscoli di estrema destra. Il fatto che Bertoli fosse stato armato dall’estrema destra dietro spinta dei servizi segreti fu la tesi sostenuta dall’istruzione (condotta Antonio Lombardi) e confermata dal primo processo. Ciononostante, durante il processo di appello a Bertoli, questa ipotesi fu rovesciata e l’ipotesi del “anarchico isolato” prese piede, tesi riaffermata costantemente dallo stesso Bertoli.

Gli anarchici condannarono il suo gesto e anche il Bertoli convenne col tempo che era stato un errore. Dal carcere riallacciò i rapporti con gli anarchici e collaborò alla rivista “A – rivista anarchica” con molti articoli assai valutati dagli anarchici.

Bertoli e i servizi segreti

Nel 2002 il generale Nicolò Pollari (ex-direttore del Sismi), sentito dai giudici della terza Corte d’Assise d’Appello di Milano ha confermato che Bertoli è stato un informatore del Sifar prima, e del SID in seguito. Il generale ha anche confermato che Bertoli, ha avuto rapporti con i servizi segreti negli anni cinquanta fino al 1960. Nessuna conferma sul fatto che Bertoli abbia o meno ripreso a collaborare con il servizio nel 1966. Esiste, infatti, agli atti la copertina di un fascicolo con il titolo ‘Fonte Negro’ cioè il nome di copertura di Bertoli datato 1966. Secondo tre ex ufficiali del Sid, che avevano parlato della collaborazione di Bertoli negli anni ’50 (Viezzer, Genovesi e Cogliandro) la fonte Negro poteva essere stata riattivata nel 1966. Pollari ha spiegato che con ogni probabilità quest’ultimo fascicolo è in realtà stato aperto dopo la strage alla Questura nel ’73, e che la data 1966 fa riferimento alle norme di archiviazione. Fonte: Ansa.

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