Misteri d’Italia: MOSTRO DI FIRENZE 5°duplice delitto (1983)

Mostro di Firenze

Mostro di Firenze quinto duplice omicidio

Il 5° duplice omicidio dal minuto 35  – Clicca Sopra

Mostro di Firenze

Mostro di Firenze è la denominazione sintetica utilizzata dai media italiani per riferirsi all’autore o agli autori di una serie di otto duplici omicidi avvenuti fra il1968 e il 1985 nella provincia di Firenze.

L’inchiesta avviata dalla Procura di Firenze ha portato alla condanna in via definitiva di due uomini identificati come autori materiali di 4 duplici omicidi, i cosiddetti compagni di merende: Mario Vanni e Giancarlo Lotti mentre il terzo, Pietro Pacciani, condannato in primo grado a più ergastoli per 7 degli 8 duplici omicidi e successivamente assolto in appello, è morto prima di essere sottoposto ad un nuovo processo di appello, da celebrarsi a seguito dell’annullamento della sentenza di assoluzione da parte della Cassazione. Le Procure di Firenze e Perugia sono state recentemente impegnate in un’indagine volta a individuare i presunti mandanti. La vicenda ebbe molto risalto anche dal punto di vista sociale, suscitando estrema paura per la tipologia di vittime (giovani fidanzati in atteggiamenti intimi) ed aprendo l’opinione pubblica italiana al dibattito sull’opportunità di concedere con maggiore disinvoltura la possibilità per i figli di trovare l’intimità a casa, evitando i luoghi pericolosi.

Le modalità dei duplici delitti 

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I reati del mostro di Firenze si sono sviluppati nell’arco di quasi due decenni, e hanno riguardato giovani coppie appartatesi nella campagna fiorentina in cerca di intimità. Le costanti della vicenda attengono anche ai mezzi usati e al modus operandi dell’omicida: i delitti sono avvenuti nelle medesime circostanze di tempo e di luogo. Tranne nel duplice omicidio del 1985, in cui le vittime erano in una tenda da campeggio, tutte le altre coppie di vittime erano all’interno di autoveicoli. Luoghi appartati e notti di novilunio, o comunque molto buie, quasi sempre d’estate, nel fine settimana o in giorni prefestivi.

È sempre stata usata la stessa arma da fuoco, identificata in un modello di pistola Beretta appartenente alla serie 70 (viene ormai dato per certo che si tratti del modello 74 o 76 da dieci colpi), calibro .22 Long Rifle, in commercio dal 1959, probabilmente un modello con canna lunga, sviluppata come propedeutica alla disciplina sportiva del tiro a segno, caricata con munizioni Winchester marcate con la lettera “H” sul fondello del bossolo (provenienti da almeno due scatole da 50 cartucce ciascuna), con palla in piombo nudo e con palla in piombo ramato galvanicamente.

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In quattro degli otto duplici omicidi, l’assassino ha asportato il pube delle donne uccise, servendosi di un’arma bianca che, secondo gli inquirenti dovrebbe essere un coltello da sub o una Pattadese. Negli ultimi due casi anche il seno sinistro delle vittime. I luoghi dei delitti (Signa, Vicchio, Calenzano, Scopeti, ecc.) erano per lo più stradine sterrate nascoste o piazzole frequentate da coppie in cerca di intimità. Ciò ha portato a pensare che l’assassino fosse una persona che conosceva piuttosto bene i territori dei luoghi dei delitti, e che, in alcuni casi, pedinasse le vittime prima di ucciderle. Il profilo più comune del killer, che emerge dalle prime indagini, ipotizza il mostro come un uomo destrimane della zona, d’intelligenza media o superiore alla media, alto circa 1,80 m.

Il posto dove è accaduto

Queste caratteristiche psicologiche si evincono dalla perizia De Fazio e dal profilo dell’FBI di Quantico, anche se occorre ricordare che gli studi delle modalità dei delitti, al momento, non garantiscono certezze scientifiche sull’identità del killer, ma solo delle tracce di profiling che, come tali, sono più o meno condivisibili. L’altezza superiore alla media del mostro, almeno 180 cm, è stata ipotizzata in base all’altezza dei fori nel furgoncino delle vittime di Giogoli. Il dato trarrebbe conferma anche da una possibile impronta di un ginocchio, forse lasciata dal mostro nell’omicidio di Vicchio. Scientificamente però, questi rilievi sull’altezza del killer, non si sono concretizzati in prove processuali inoppugnabili, vista la condanna in primo grado inflitta a Pacciani come unico serial killer. Pietro Pacciani detto “Il Vampa” era alto solo 165 cm circa.

9 settembre 1983 (venerdì): L’omicidio di Horst Wilhelm Meyer e Jens-Uwe Rüsch, Giogoli 

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Il 9 settembre 1983 a Giogoli di Scandicci, in un furgone fermo per la notte in uno spiazzo, vengono assassinati due turisti tedeschi, Jens-Uwe Rüsch e Horst Wilhelm Meyer, entrambi di 24 anni, studenti presso l’università di Münster che al momento dell’aggressione si trovavano a bordo del loro furgone Volkswagen T1con l’autoradio accesa. I ragazzi vengono raggiunti e uccisi da sette proiettili, sparati con una certa precisione attraverso la carrozzeria del furgone, di cui però saranno repertati solo 4 bossoli Winchester.

Le indagini successive al delitto permetteranno di stabilire che i colpi sono stati sparati all’incirca da un’altezza di 1 metro e 30 centimetri da terra – il che fa supporre che l’assassino sia alto almeno 1 metro e 80 centimetri o anche di più. L’ipotesi dell’altezza del mostro superiore alla media non è però condivisa da tutti, in primis da Perugini e da altri inquirenti. L’assassino fredda dapprima Meyer con tre colpi in rapidissima sequenza, mentre Rüsch tenta inutilmente la fuga ma viene colpito da quattro proiettili, di cui uno al cervello, e si accascia sul fondo dell’automezzo.

Una volta uccisi i due giovani, l’assassino sale sul retro del furgone e, accortosi che le vittime sono entrambe di sesso maschile, si dilegua senza compiere escissioni né usare armi bianche. Denaro e macchine fotografiche appartenuti alle vittime non vengono toccati né sembra mancare alcunché di valore. In questo caso, l’assassino fu probabilmente tratto in errore dai capelli lunghi e dalla corporatura esile di Rüsch. Nelle vicinanze del camper furono rinvenute alcune riviste “a contenuto probabilmente omosessuale” stracciate, ma non è mai stato appurato se appartenessero ai giovani, né se i due fossero effettivamente amanti.

La pista sarda 

Si pensava quindi che il mostro di Firenze, non potendo essere Stefano Mele, che era detenuto nel periodo in cui il mostro aveva continuato a colpire, né Francesco Vinci, potesse invece essere un altro personaggio appartenente alla sua cerchia di frequentazioni e conoscenze.

Furono pertanto indiziati ed inquisiti Giovanni Mele, fratello di Stefano, e Piero Mucciarini, cognato di Giovanni Mele. Sulla base di nuove rivelazioni di Stefano Mele, che in alcune deposizioni accusò il fratello ed il cognato di aver partecipato all’omicidio della moglie, e con l’aggravante di alcuni indizi materiali (tra cui un bisturi in possesso di Giovanni Mele), Piero Mucciarini e Giovanni Mele restano per otto mesi detenuti con l’accusa di essere gli autori dei duplici omicidi. I due vengono scarcerati, ed escono dall’inchiesta, non essendoci a loro carico indizi tanto gravi da giustificarne il rinvio a giudizio, ed essendo i due detenuti nel periodo in cui fu commesso l’omicidio di Claudio Stefanacci e Pia Rontini.

Per un certo periodo venne indagato per gli omicidi anche Salvatore Vinci, fratello di Francesco.

Stefano Mele morì nel 1995 per una crisi cardiaca a seguito di un intervento chirurgico, mentre risiedeva in uno ospizio per ex detenuti a Ronco all’Adige, pressoVerona.

Ore 19:30 di sabato 10 settembre 1983

Rolf Reinecke, un abitante della dependance di villa la Sfacciata , sita in via di Giogoli 2\6 si avvicina ad un pulmino volkswaghen con targa tedesca che aveva gia’ notato in precedenza parcheggiato in uno spiazzo laterale. Il furgone ha la coda rivolta alla strada ed e’ ad appena 100 metri dal portone secondario della villa sulla via di Giogoli. All’interno scopre i cadaveri di due giovani ed avvisa le forze dell’ordine.

Mostro di firenze ritrovamento cadaveri

Ore 21:30 c.a Interviene la Polizia scientifica

Dati espunti dal dibattimento del processo di primo grado a carico di Pietro Pacciani:

Sulla carrozzeria il camper, che si trova a circa 7 metri dal ciglio della strada e a 70 metri dal bivio con la Volterrana, presenta diversi fori di proiettile. Due all’altezza dei vetri della fiancata destra , due su quelli di sinistra ed uno, sempre in entrata, che ha trapassato la lamiera dell’ultimo montante di sinistra.

Esternamente viene recuperato un bossolo calibro 22 L.R. con la lettera H stampata sul fondello, a circa 110 cm dalla ruota posteriore sinistra. Altri due bossoli vengono recuperati all’interno del furgone. Uno sul pianale in prossimita’ dello sportello centrale laterale destro, dietro la spalliera del sedile anteriore, ed uno sul sedile anteriore destro.

Un quarto bossolo verra’ recuperato la mattina seguente dal maresciallo Storchi con l’ausilio del metal detector. Non essendo al momento del ritrovamento piu’ presente il furgone, e’ solo presumibile che detto bossolo si trovasse sul lato dx del mezzo, piu’ o meno all’altezza della cabina anteriore. L’anta destra del portellone di accesso al vano posteriore e’ aperta, mentre i due sportelli della cabina sono chiusi e bloccati (Secondo alcune testimonianze, compresi alcuni dei primi carabinieri giunti sul posto, gli sportelli potrebbero essere stati tutti chiusi, e pertanto le foto della scientifica non sarebbero una rappresentazione fedele della scena postcrimine. Ad esmpio il teste O.C. passando la mattina del sabato noto:”…mi e’ parso che tutte le portiere del mezzo fossero chiuse, ma comunque non vi ho fatto molto caso.

Accanto vi era una seconda auto di color bianca forse una A112 o una mini, in quanto era tagliata di dietro e molto larga. A lato vi era un uomo che si stava lentamente avvicinando a detto furgone parcheggiato a tre metri di distanza. L’uomo dall’apparente eta’ di anni 40\45 molto robusto, capelli radi e forse anche stempiato,  indossava un paio di pantaloni chiari, era alto almeno 175 cm” . Va anche detto che lo stesso teste nel 1992, e cioe’ ben 9 anni dopo il fatto, dichiarera’ invece altro, ovverosia di aver notato il furgone con lo sportello aperto e una persona anziana ferma davanti allo stesso e intenta a guardare all’interno. ) All’altezza del portellone, sul terreno, giace una grossa valigia blu. Dall’abitacolo proviene la musica dell’autoradio rimasta accesa probabilmente dalla sera stessa dell’omicidio, indicando che forse i due ragazzi al momento degli spari non fossero completamente addormentati o che stessero addirittura chiacchierando. Sul retro del furgone, sul terreno proprio sotto la marmitta, e in corrispondenza di dove all’interno giace il cadavere del Rush, viene evidenziata una gora di materia apparentemente ematica. I due ragazzi sono stati attinti complessivamente da 7 colpi. Uno dei due verra’ ritrovato sdraiato compostamente nella sua brandina, come se fosse stato ucciso istantaneamente nel sonno. L’altro ha invece avuto il tempo di cercare riparo sul fondo del camper, dove l’assassino lo ha forse finito con due colpi alla testa dopo essere salito a bordo.

Gli esiti peritali suggeriscono come piu’ probabile l’ipotesi che il primo colpo sia stato sparato dalla fiancata dx ad una distanza di almeno 40cm dal vetro, colpendo Mayer sul fianco destro dove si apprezza un forame con tramite che attraversa il fegato, entra in cavita’ toracica incontrando il cuore e si ferma all’altezza del polmone sn con esito mortale. L’assassino poi si sarebbe rapidamente spostato su quella sinistra, poco distante da un muretto che corre lugo il furgone dal lato sn, sparando altri due colpi ancora contro Mayer, attinto questa volta al gluteo sinistro ed alla testa, e poi contro Rusch ,sia dal lato sinistro che nuovamente dal lato dx, raggiunto di striscio alla coscia sn e da un colpo trapassante alla mano sn. Salito a bordo l’assassino avrebbe esploso altri due colpi sempre contro Rusch, ucciso da un singolo proiettile allo zigomo sn che raggiunge la parte destra del cervelletto con tramite dal basso verso l’alto.

Ferite Mayer:

1) Un colpo in regione occipitale, con ritenzione del proiettile nel tavolato osseo esterno
2) Un colpo all’ipocondrio destro, con tramite obliquo dal basso verso l’alto e da destra a sinistra che trapassa il fegato, il cuore e il polmeone sinistro, fermandosi nel pettorale sinistro. Esito mortale
3)Ultimo colpo in regione glutea superomediale sinistra, con tramite obliquo dal basso verso l’alto e pallottola ritenuta nello spessore della parete anteriore dell’addome

Ferite Rusch:

1) Un colpo al labbro sinistro, con proiettile ritenuto nell’arcata dentaria superiore
2) Un colpo in regione zigomatica mascellare sinistra, con tramite obliquo dal basso in alto. Proiettile entrato in cavita’ e ritenuto in regione occipitale. Esito mortale
3) Un colpo alla piega tra il primo e il secondo dito della mano sinistra
4) Ultimo colpo di striscio alla coscia sulla faccia laterale del terzo superiore

Alcune escoriazioni ad un ginocchio ed alla gamba sinistra. Nonostante le accurate ricerche, con tanto di metal detector dell’esercito, non verranno recuperati altri bossoli. L’esame balistico stabilira’ che ad aver sparato e’ la famigerata beretta della serie 70,e che sono stati usati, per la prima ed unica volta, sia palle ramate (almeno una) che a piombo nudo.

Il medico legale, prof. Mauro Maurri, datera’ l’ora della morte tra le 23:00 del venerdi 9 e l’1:00 del giorno 10 settembre.

A poca distanza dal furgone in mezzo alla vegetazione e subito dietro il muretto a secco che corre sul lato sn del camper, saranno repertate varie pagine di riviste pornografiche lasciate di recente, alcune a contenuto gay che, almeno secondo gli agenti che le repertarono, indicherebbero la probabile e assidua frequentazione di guardoni . ( 3feb18 )

mostro di firenzehttp://calibro22.blogspot.com/2009/01/analisi-scena-omicidio-9-settembre-1983.html

Testo tratto e modificato: http://it.wikipedia.org/wiki/Mostro_di_firenze

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