MINIGONNA – La sua storia – (Dal 13 Marzo 1965)

Minigonna

minigonna 1971

La minigonna, generalmente detta mini, è un tipo di gonna con l’orlo inferiore che arriva molto sopra le ginocchia (lunghezza variabile a seconda dei modelli, nei primi 10/15 cm o più sopra la linea delle ginocchia, successivamente anche più corti), mostrando quindi parte della coscia. Può essere aderente (eventualmente con spacco centrale o laterale) o meno ed è realizzata in vari tessuti (jeans, similpelle, cotone, PVC, ecc.).

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Minigonna

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Generalmente la sua ideazione viene indicata come opera della stilista britannica Mary Quant (ma la vera origine è dibattuta e contesa da altri stilisti) e divenne popolare dagli anni sessanta, per cui da molti è stata considerata uno dei simboli della Swinging London. Durante i suoi decenni di esistenza è stata più volte dichiarata morta sia da critici di moda che da diversi stilisti ma, seppur con diverse variazioni nella sua diffusione, il capo è rimasto in uso in molti paesi del mondo ininterrottamente dal mo Origine e la prima diffusione

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L’origine della minigonna è generalmente accreditata nel 1963 (o in altre fonti nel 1965) per opera della stilista britannica Mary Quant, che fu ispirata dall’automobile Mini e che a partire dalla fine degli anni cinquanta aveva iniziato a proporre abiti sempre più corti. Il nome inglese del nuovo capo di abbigliamento era mini-skirt.

La paternità non è però condivisa da tutti i critici e storici della moda: in Francia per esempio il designer francese André Courrèges è spesso citato come inventore della mini-jupe (aveva presentato degli abiti che terminavano sopra il ginocchio a partire dalla sua collezione del 1964), mentre altri autori (come la giornalista Marit Allen, firma in quegli anni dell’edizione britannica di Vogue), citano lo stilista e costumista John Bates (suoi alcuni degli abiti di Diana Rigg nella serie The Avengers).

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Sposa in minigonna ad Auckland, nel 1968.

Se le primissime minigonne presentate da Mary Quant, per essere definite tali, dovevano aver in lunghezza che le facesse arrivare a due pollici sopra il ginocchio (circa 5,1 cm), nell’arco di un anno erano generalmente considerate tali quelle che arrivavano a scoprire almeno quattro pollici sopra il ginocchio (circa 10,2 cm). La lunghezza diminuì ancora, ma non in maniera uniforme: se per la moda londinese di fine anni sessanta poteva essere accettabile una gonna che arrivava a ben 7/8 pollici (circa 17,8/20,3 cm) sopra il ginocchio, nello stesso periodo a New York la lunghezza tipo non scopriva più di 3/4 pollici (circa 7,6/10,2 cm).

minigonna

minigonna twiggy
La mitica Twiggy indossa per la prima volta la Minigonna

Non tutti gli stilisti però apprezzarono la gonna, che ricevette diverse critiche: per esempio Chanel, nonostante il suo contributo dato alla rivoluzione dello stile femminile che farà da apripista a questo capo di vestiario, la considerava indecente, citando il parere di Christian Dior (morto alcuni anni prima) che riteneva il ginocchio la parte pià brutta del corpo.

minigonna katty line e adriano celentano
Katty Line in minigonna nel 1969, insieme al cantante italiano Adriano Celentano

L’uso della “mini”, che scopriva le gambe, ha reso in questo periodo sempre meno diffuso l’impiego di calze e giarrettiere, a cui venivano preferiti i collant (introdotti sul mercato alla fine degli anni ’50) o, più recentemente, i fuseaux e i leggings. Mary Quant citò proprio la presenza di collant e simili, che rappresentavano un ulteriore copertura per le parti intime femminili, in una sua difesa della minigonna contro le legislazioni che volevano vietarla:

L’accorciamento delle gonne si produsse fin dall’inizio anche in quello di altri capi, come i più tradizionali abiti da donna, facendo nascere i mini-abiti, che di fatto univano magliette e maglioni al concetto di minigonna, anche questi spesso indossati con i collant.

Minigonna Mary Quant

In parte per massimizzare una sorta di spirito di ribellione, dovuto al poter mostrare liberamente ciò che era considerato scandaloso e volgare (erano gli anni dei movimenti sessantottini), in parte per i dettami di alcuni stilisti che puntavano molto all’effetto pubblicitario di questi scandali, le minigonne in breve si accorciarono drasticamente, fino ad arrivare in alcuni modelli a soli pochi centimetri dalla biancheria intima che copriva i genitali, divenendo anche un simbolo della conquistata libertà sessuale femminile.

La diffusione della minigonna (e in generale delle mode legate alla Swinning London), partita dai paesi europei del blocco occidentale, da lì passata (seppur non immediatamente) negli Stati Uniti.  Per quello che riguarda l’Italia, la minigonna inizia a diffondersi nel 1966, ma rimane per diverso tempo un indumento mal visto dall’opinione pubblica, indossato nel chiuso dei locali da ballo, e si registrarono anche casi di ragazze che vennero denunciate, quando la gonna indossata in pubblico era considerata troppo corta.

mini e hot pants 1971-gemelle

Ci fu anche chi denunciava la minigonna come un passo indietro nella lotta per la parità dei diritti delle donne, essendo un qualcosa che le rendeva solo un oggetto di attrazione sessuale: simili tesi vennero per esempio abbracciate da Nicola Adelfi su La Stampa già nel luglio del 1967, insieme alla previsione di un prossimo forte declino nell’uso dell’indumento e del suo successivo (ma a posteriori mai verificato) “tramonto“. In Francia, sempre nel 1967, anno in cui la moda nazionale riteneva la minigonna corta al massimo fino a 16 cm sopra le ginocchia, la polizia accusò esplicitamente le minigonne di favorire gli atti di violenza sulle donne, stimati in aumento, mentre il ministro dell’istruzione francese Alain Peyrefitte chiese il ritorno dell’uniforme scolastica con gonna lunga, suscitando forti polemiche e contrarietà anche da parte di diversi presidi.

Gli anni ’70

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Ragazze al Rhodes College di Memphis (Tennessee, USA) nel 1973.

Con l’arrivo della metà degli anni settanta questa tendenza iniziò però ad invertirsi. Il giornalista britannico Christopher Booker, nel suo libro The Seventies: portrait of a decade (1980), motivò queste modifiche al capo di abbigliamento sia in base al fatto che ormai non era possibile accorciarlo ulteriormente

Un altro motivo che spinse all’allungamento della gonna furono le proteste del movimento femminista: se in un primo tempo le gonne e la possibilità di vestirsi in maniera sexy (oltre a poter vivere più liberamente le proprie esperienze sessuali) erano sembrate delle novità da indicare come un’evoluzione positiva nella condizione delle donne, col tempo questo abbigliamento rischiava (nell’ottica di alcuni gruppi femministi) di farle considerare solo come degli oggetti sessuali. 

In pochi anni la minigonna era quindi passata da simbolo delle nuove libertà e della conquistata indipendenza (anche economica) delle donne, indossata a volte in modo volontariamente eccessivo come forma di provocazione, a capo di vestiario da boicottare perché legato alla figura della donna-oggetto.

In questo periodo, con l’eclissarsi della minigonna, si diffonde la moda degli short (letteralmente “corto“), spesso di jeans, come quelli indossati dall’attrice Catherine Bach nella serie televisiva Hazzard (1979-1985), che divennero noti proprio come Jeans Daisy-Duke (dal nome del suo personaggio) e degli hot pants (anche questi ultimi vedono tra i loro inventori la stilista Mary Quant): entrambi scoprivano le gambe come, se non più, delle minigonne, ma risultavano più pratici in quanto permettevano una maggiore libertà di movimento, oltre a proteggere e coprire maggiormente la zona intima.

Nonostante questo cambio di rotta, la minigonna non sparì mai del tutto, né dalla vita comune, né nel mondo dello spettacolo e della moda.

Gli anni ’80

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Con l’avanzare gli anni ottanta la minigonna tornò di moda, seppur con tempistiche e diffusione diversa tra l’Europa e il Nord America, e si diversificò in modelli molto differenti (per tipo di tessuto, taglio, ecc.), pur non raggiungendo mai né una forma così corta, né la diffusione che aveva raggiunto nel suo primo decennio di vita.

Tra il 1984 to 1986 la stilista britannica Vivienne Westwood, che al tempo lavorava in Italia, lanciò un nuovo tipo di minigonna chiamato mini-crini, composta dalla fusione di un tutù da ballo con una struttura rigida derivata dalle crioline usate nell’epoca Vittoriana, ma il suo successo rimase confinato quasi esclusivamente al mondo della moda e dello spettacolo.

Durante questo decennio la minigonna, nelle sue varie incarnazioni, iniziò ad essere indossata anche da personaggi pubblici non appartenenti al mondo dello spettacolo, come la principessa Diana, oltre a continuare ad essere impiegata da cantanti ed attrici, che a volte ne fecero una delle loro caratteristiche più identificabili (come il duo pop britannico Pepsi & Shirlie o la cantante Deborah Harry del gruppo statunitense Blondie).

Dagli anni ’90 alla fine del XX secolo

Sex and the city

Con l’arrivo degli anni novanta e dei primi anni del 2000, telefilm e serie televisive di origine statunitense, ma di grande successo mondiale e con un target variegato come Friends (1994-2004), Caroline in the City (1995-1999), Sex and the City (1998-2004), Melrose Place (1992-1999) o Ally McBeal (1997-2002) riportarono alla ribalta questo tipo di indumento, indossato spesso in scena dalle attrici protagoniste.

In Italia, soprattutto tra le più giovani, ebbe forte influenza l’abbigliamento delle ragazze di Non è la RAI (1991-1995), programma criticato spesso proprio per i costumi di scena, ritenuti eccessivamente ammiccanti per le protagoniste per larga parte ancora adolescenti. Lo stesso regista ed autore, Gianni Boncompagni, aveva precedentemente realizzato alcune edizioni del programma settimanale Domenica In, dove le numerose ragazze in studio indossavano tutte “divise” uguali, rigorosamente comprensive di minigonna. Vero simbolo televisivo della “minigonna italiana” di questo decennio sarà però la più matura Alba Parietti, le cui gambe, messe abilmente in mostra dai costumisti, dagli scenografi e dalla regia di Galagol (Telemontecarlo 1990/91, 1991/92 e 1995/96) e Domenica In (Rai Uno, 1992/93), tramite abiti e gonne cotrissimi ed alti sgabelli, divennero una delle “caratteristiche” più dibattute di questi programmi.

Per quello che riguarda il mondo della moda la gonna è stata sempre presente, seppur con variazioni nella sua lunghezza e nella frequenza della sua presenza nelle linee di vestiario presentate nelle varie collezioni annuali.

Minigonna assistenti di volo

Gli anni 2000

Nella seconda metà della prima decade degli anni 2000 i pantaloni a vita bassa hanno in parte scalzato la minigonna e gli hot pants dal podio dell'”abito più provocante”, oltre ad attirare su di loro lo stesso tipo di critiche, relative alla supposta volgarità, che negli anni ’60 e ’70 venivano indirizzate alle mini. Nell’abbigliamento di tutti i giorni le minigonne continuano tuttavia ad essere usate diffusamente, anche nei mesi invernali, dove sono sovente abbinate a pantaloni aderenti come i leggings, i fuseaux o collant pesanti. La principale differenza, rispetto ai decenni precedenti, è l’abitudine tra le donne di indossare l’indumento anche sopra i 30 anni, cancellando quindi l’immagine che lo voleva capo di abbigliamento destinato solo alle ragazze più giovani. Nel 2005 in Gran Bretagna la catena di grandi magazzini Harvey Nichols effettuò un sondaggio tra i suoi clienti per individuare il capo di vestiario più amato: la minigonna ottenne il primo posto. A1404

mionigonna raffaella carrà 1972 mini

 
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