STEVEN BRADBURY (Gialappa) – INCREDIBILE MA VERO –

La favola di Bradbury – Clicca Sopra  

La carriera di Steven Bradbury pareva destinata a buoni risultati, grazie alla vittoria della medaglia di bronzo nei 5000 m staffetta alle Olimpiadi invernali di Lillehammer nel 1994 e della medaglia di bronzo e di argento ai mondiali di short track nel 1993 e nel 1994. Ma subito dopo i Giochi olimpici, Bradbury subisce un gravissimo infortunio: in una prova dei 1500 m individuali di Coppa del Mondo a Montreal, riporta una profonda ferita causata dalla lama di un pattino dell’italiano Mirko Vuillermin, con cui si era scontrato.

La lama giunge fino all’arteria femorale e Bradbury perde 4 litri di sangue, rischiando addirittura la morte per dissanguamento: occorrono ben 111 punti di sutura e 18 mesi di riabilitazione, ma l’incidente ne mina irreversibilmente il talento. Subisce un altro grave infortunio in allenamento nel 2000, quando si frattura il collo e deve passare sei settimane con un collare ortopedico. Le chances di vittoria di un grande titolo paiono svanite per Bradbury, che tuttavia decide di proseguire, fino ai Giochi del 2002.

La Medaglia d’oro vinta a Salt Lake City

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È con un bagaglio di sfortuna come questo che Bradbury non demorde e decide lo stesso di coronare la propria carriera con la partecipazione alle Olimpiadi invernali di Salt Lake City 2002, prendendo parte ai 1500 m (dove esce al secondo turno) e ai 1000 m dello short track. Qui l’australiano viene già dato per spacciato ai quarti di finale, dove i due posti per la qualificazione alle semifinali sembrano “prenotati” dalla stella statunitense Apolo Ohno e dal canadese Marc Gagnon, candidati all’oro. Dopo un avvio disastroso Bradbury si ritrova ultimo all’imbocco dell’ultima curva. Mentre Tamura cerca di sorpassare Marc Gagnon, scivola sul ghiaccio e consente a Bradbury di chiudere al terzo posto, che non basta per qualificarsi. Ma Marc Gagnon, giunto secondo dietro ad Ohno che ha vinto il quarto con il tempo di 1’28″66, viene squalificato per aver causato la caduta di Tamura (che viene ripescato come danneggiato), rimettendo dunque Bradbury in corsa.

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In semifinale l’australiano trova il cinese Li Jiajun, il canadese Mathie Turcotte, il sudcoreano Kim Dong-Sung e il giapponese Satoru Terao. Bradbury come al solito parte male dalla corda, restando nelle retrovie per quasi tutta la gara. All’inizio dell’ultimo giro cade Kim Dong-Sung a causa di una scorrettezza di Li Jiajun, non ravvisata dai giudici. Per Bradbury, a quel punto quarto, pare finito tutto, sennonché all’ultima curva Turcotte che era in testa scivola, trascinando nel capitombolo anche Li Jiajun. Bradbury giunge dunque secondo dietro Terao (primo col tempo di 1’29″10) e si qualifica. A quel punto i giudici prendono delle decisioni incomprensibili squalificando Terao (che non aveva commesso alcuna scorrettezza). In tal modo Bradbury diventa primo, Li Jiajun giunge secondo (non viene ravvisata la sua scorrettezza ai danni del coreano) e va in finale, mentre Turcotte, che in realtà era caduto da solo, viene ripescato in quanto danneggiato.

Si arriva alla finale a cinque: l’australiano ritrova Jiajun, Turcotte, l’idolo di casa e favoritissimo Apolo Ohno (che aveva eliminato con una spallata l’italiano Fabio Carta in semifinale), oltre al sudcoreano Ahn Hyun-Soo. Per Bradbury, che parte dall’esterno, stavolta il miracolo pare non ripetersi: gli avversari, troppo più forti, si staccano subito, lasciando Bradbury con diversi metri di svantaggio già alla fine del primo giro. All’ultimo giro passa in testa Ohno, davanti a Jiajun, Ahn e Turcotte tutti vicini. Bradbury inizia l’ultima tornata con un quarto di giro di ritardo. Ma qui accade il colpo di scena: Li Jiajun cerca di sorpassare Ohno, i due si prendono reciprocamente a spallate, Li Jiajun ha la peggio e scivola all’ultima curva.

Dopo la lotta con Li Jiajun, Ohno si trova fuori traiettoria all’esterno e rischia di perdere la gara, con Ahn che rischia di passarlo all’interno. L’idolo di casa Ohno, a quel punto spiazzato, aggancia con una mano la gamba di Ahn tagliandogli la strada e provocando la caduta del sudcoreano che trascina con se Turcotte e lo stesso Ohno. Avviene così una incredibile caduta di gruppo. Ohno tenta disperatamente di rialzarsi, ma in quell’istante sopraggiunge in tutta tranquillità Bradbury che coglie l’oro con il tempo di 1’29″109, il primo titolo olimpico invernale per un atleta dell’emisfero australe. L’idolo di casa, lo statunitense Ohno, viene di nuovo graziato dai giudici (che squalificano solo Li Jiajun) e guadagna l’argento. Bronzo a Turcotte.

Dirà Bradbury: «Non ero certamente il più veloce, ma non penso di aver vinto la medaglia col minuto e mezzo della gara. L’ho vinta dopo un decennio di calvario».

Immediatamente Bradbury conquista la simpatia di centinaia di tifosi e di tanti atleti che gareggiano alle Olimpiadi. In Australia nasce persino un modo di dire, “doing a Bradbury” (fare un Bradbury), per indicare un successo clamoroso e altamente insperato. ( 3feb18 )

Steve Bradbury con la sua Medaglia d’Oro 
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